My Sweeth Arcadia ~

Flasi Idoli

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LadyFlame ~
view post Posted on 30/10/2014, 12:09




La governante si rilassò, mentre la rassicuravo, attraverso il ragionamento, riguardo alla fiducia che la mia fazione riponeva nella gestione della cittadina. Per il resto del mio discorso rimase in silenzio, assimilando e, probabilmente, ragionando su tutte le informazioni che le stavo riportando. In un modo o nell’altro cercai di controllare ogni sua reazione a ciò che dicevo, sperando di poter trarre qualche altra informazione sui chi fosse e su come agisse. Ahimè, l’unica cosa che riuscii a carpire fu solo interesse e curiosità per la mia “storia”. Fu solo quando mi sedetti, concludendo, che la mia interlocutrice espose le sue perplessità, nonché la sua piena sicurezza nelle capacità di difesa di Lumeen, sicurezza che non condividevo affatto. Non si parlava di respingere un semplice attacco fisico, perfettamente visibile, ma qualcosa di molto più infimo e velato. Per quel che concerneva la sua perplessità, potevo comprenderla visto che io per prima, al mio ingresso in quel posto, ero rimasta stupita della normalità che albergava in quella città, una normalità distante dai racconti sia del soldato, sia delle persone che vivevano nei pressi di Lumeen. Lasciai che i dubbi rimanessero solo miei, non riuscendo a fidarmi totalmente di quella donna, un po’ per inclinazione personale, un po’ per istinto.
Ignorò totalmente i miei interrogativi, decidendo piuttosto di alzarsi, avvicinandomi alla mia figura con passo sinuoso e lento, che probabilmente avrebbe incantato chiunque fosse attratto dal cosiddetto “gentil sesso”, ma che ai miei occhi appariva come un modo per distrarre la controparte dai suoi pensieri. Quando si mise dietro di me, trattenni l’impulso di alzarmi per fronteggiarla, impulso resosi ancora più forte dal brivido che mi percorse la schiena. Mani sulle tempie, ed una voce che voleva rassicurarmi, ed al tempo stesso, farmi rilassare. Suadente per molti versi, come le sue parole che mi sembravano quasi adulatorie, quasi volesse rassicurarmi di una piena fiducia nelle mie capacità. Questi gesti, accompagnati dal brivido e da un’altra sensazione difficile da identificare, ma in tutto e per tutto sgradevole, mi fecero raggiungere la conclusione che quella donna potesse essere in qualche modo implicata in tutto quel casino in cui ero stata ficcata. Rimasi impassibile, sperando solo che si allontanasse il più possibile. Non agii, come invece avrei voluto fare, intimandola a dirmi cosa nascondeva, non sarebbe stata una mossa molto intelligente, ed io non ero una stupida.
Improvvisamente si aprirono le porte dell’enorme sala, ai corrispettivi battenti, vi erano le due guardie che mi avevano precedentemente accompagnata in quel luogo. Mi alzai prima ancora che la donna parlasse, avendone capito, almeno in parte le intenzioni. Ero stata congedata, senza possibilità di continuare la discussione. A quanto pare, il messaggio di allarme che le avevo trasmesso non aveva poi così tanta importanza. Mi limitai ad annuire al suo invito, prendendo la borsa che avevo con me e dirigendomi verso i miei accompagnatori. Non chiesi nemmeno cosa dovessi attendere, consapevole che qualsiasi cosa fosse dovevo tenermi pronta. Non mi chinai, né ringraziai, mi limitai ad alzare la mano in cenno di saluto appena le volsi le spalle ripercorrendo il lungo tappeto rosso.
Una volta varcata la soglia, le porte si richiusero alle mie spalle. Voltai il capo, osservandola attentamente. Non vi era nulla di speciale, nessun intarsio o altro genere di decorazione, era semplicemente imponente come la stanza a cui dava l’accesso. Senza indugiare ulteriormente, ricordando l’impazienza dei due uomini, mi feci nuovamente guidare da loro, seppur questa volta sembravano un po’ più amichevoli rispetto al nostro primo incontro.
«Oltre a me, avete visto qualche altro forestiero?»
Probabilmente era una domanda totalmente inutile, poiché non avrei ricevuto risposta, ma volevo comunque tentare. Qualcosa che non andava sicuramente vi era, visto che dubitavo che a Lumeen accogliessero sempre gli stranieri come avevano accolto me... ecco, un dettaglio che mi era sfuggito, probabilmente a causa dello stupore che avevo provato nel costatare che le cose erano differenti da come mi erano state raccontate, ma era comunque importante.
Che cretina.
Ancora una volta ci muovemmo nei numerosi corridoi dell’imponente villa, ricordando più un labirinto per topi che un luogo in cui vivere. I corridoi erano tutti simili fra loro: qualche tavolino di abbellimento con un vaso di fiori, il marmo sul pavimento, porte che ti permettevano di accedere a non si sa quale stanza. Non provavo invidia per i nuovi venuti. Non invidiavo me stessa che, in caso di bisogno, avrei rischiato di girare in tondo. I soffitti erano alti, con delle modanature che ne arricchivano gli angoli e dei lampadari in cristallo che ne costituivano gli unici oggetti sfavillanti. Cercai di cogliere qualche dettaglio che mi permettesse di distinguere i vari corridoi gli uni dagli altri, notando con un po’ di più attenzione che a fare la differenza erano proprio le porte, per quanto semplici erano fatti in ogni zona con materiali differenti e con quelle leggere e tipiche rientranze differenziate da zona a zona. Dentro di me mi rallegrai, inveendo ancora una volta contro la mia lentezza di pensiero.
Dopo una decina di minuti di camminata, giungemmo finalmente a destinazione. Le guardie si fermarono davanti alla porta, lasciando a me “l’onore” di aprirla. Poggiai la mano sulla maniglia in argento, spingendo appena, e trovandomi dinanzi a quella che sarebbe stata la mia stanza per... non so quanto tempo, il tempo necessario di capire e risolvere il problema senza dubbio. Mi richiusi la porta alle spalle, e m’incamminai al suo interno osservandola con attenzione: un grosso letto a baldacchino, molto invitante con i numerosi cuscini e le morbide coperte. Mi avvicinai ad esso, lasciando cadere ai suoi piedi la mia borsa, e sedendomi con le gambe incrociate sopra al letto. Guardandomi intorno notai i tappeti che vi si trovavano ai suoi fianchi, insieme a dei comodini in legno di ciliegio, medesimo materiale. Ad un paio di metri di distanza dal letto, alla mia sinistra – stavo dando le spalle alla parete di riferimento - vi era un finestrone che dava l’accesso al balcone. Voltandomi a destra, sulla parete perpendicolare vidi la porta che dava l’accesso al bagno privato; il muro parallelo a questo, era invece coperto in parte da un grosso armadio, mentre all’angolo, dove tale muro si ricongiungeva con quello dove vi era l’entrata, potevo trovare un piccolo tavolino da soggiorno, con davanti un paio di comode poltrone. La parete dell’ingresso aveva solo una un mobile bar posizionato alla mia destra, con sopra giusto qualche gingillo d’abbellimento ed il quadro di un paesaggio.
Mi lasciai cadere sul letto, pensando su quella singolare missione e su quella singolare donna. Ero felice di non averle parlato dell’uomo in grigio, probabilmente era l’unica persona che poteva darmi risposte concrete e che si avvicinassero il più possibile alla realtà, al contrario di quanto aveva fatto quella donna. Il sollievo che le avevo visto in volto, probabilmente non era per il sollievo di avere ancora la fiducia di Flaemnir, almeno, non il sollievo di una persona che si ritenga fedele. Giunsi alla conclusione che, probabilmente, quel sollievo era dovuto più a qualche genere di piano che aveva in mente lei e chi aveva fatto alzare quell’inquietante nebbia intorno a Lumeen. Aveva sapientemente ignorato le mie ultime domande, l’unica cosa che ritenessi veramente importante in quel fiume di parole utili solo a rassicurare il suo stupido ego, e la cosa non mi piaceva.
Per quanto confortanti e comode fossero quelle coperte, non potevo lasciarmi andare proprio ora, decisi così di alzarmi, dirigendomi verso il finestrone e guardando all’esterno. Continuavo a chiedermi chi fosse quell’uomo in grigio, e che fine avesse fatto. Percepivo tutte le persone come se fossero reali, e probabilmente così era, ma era possibile che in realtà fossero corpi controllati da qualche creatura aliena? E com’era possibile che quell’uomo mi fosse scomparso proprio davanti agli occhi. Avevo calpestato il suo stesso terreno, e tenuto d’occhio la sua figura... ma quando avevo varcato le mura della città, di colpo era scomparso tutto: lui e la nebbia. Che fossi finita in una dimensione abilmente costruita? O qualcuno mi era entrato tanto abilmente nelle mente senza che me ne rendessi conto?
Scartai a priori l’ultima possibilità, sicura della mia capacità di percepire il tocco di menti altrui.
Portai la mia mano a poggiarsi sull’impugnatura di Sinéad, assicurandomi la sua concreta presenza, e lo stesso feci con la mia fedele pistola. Mi avvicinai al parapetto osservando con attenzione il paesaggio che si stagliava dinnanzi ai miei occhi. Ero sul retro della villa, dove si poteva ammirare un magnifico giardino tipico delle ville nobiliari: curato con attenzione, e con fiori di varie specie che lo coloravano. Vi erano anche delle fontane al congiungersi con ogni viale, che lo divideva in varie sezioni quadrangolari. Senza dubbio la zona del retro era più alta di quella dell’ingresso, visto che improvvisamente mi ero ritrovata al secondo piano. Dovevo assolutamente fare qualcosa, ma non avevo idea di cosa combinare, la cosa migliore, probabilmente, sarebbe stata gironzolare e curiosare in quel posto.
Andai a prendere la borsa, frugandovi al suo interno cercando qualcosa da mangiare, non avrei toccato il cibo di quel posto, ma al tempo stesso dovevo mettermi qualcosa nello stomaco per non essere troppo debole. Finito di ristorarmi, tornai alla porta d’ingresso, aprendola e sporgendomi con il busto quel tanto che bastava per poter osservare le due guardie.
«Posso farmi una passeggiata per i fatti miei, o devo rimanere qui dentro fino a quando la Governante non troverà altro tempo da dedicarmi?»
Si, lo so, forse ero troppo diplomatica, ma preferivo essere sicura di quello che dovevo fare prima di creare inutili casini, o comunque rischiare la mia pellaccia.
 
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