My Sweeth Arcadia ~

Winry Rockbell, St Douglas

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LadyFlame ~
view post Posted on 14/4/2010, 13:15




Generalità
Nome e cognome: Winry Rockbell
Data di nascita: E' nata in una piccola provincia di Londra nel lontano 11 Marzo del 1919.
Età: Ne dimostra sui 16-17 anni seppur effettivamente ne abbia 91.
Sesso: Femminile
Nazionalità: Inghilterra
Stato Sociale: E' difficile da definire, oggi come oggi effettivamente non ne possiede uno, ma quando ero piccola viveva in una piccola famiglia borghese caduta successivamente in rovina. Dall'avere una casa modestamente ricca e' finita per strada, per poi tornare ad avere un afflusso di denaro modesto, quanto le basta per apparire come una persona normale.
Razza: Vampiro
Poteri: Quando era ancora un essere umano possedeva una sensibilità nei confronti altrui molto spiccata. Riusciva a capire quale fosse il vero stato d'animo di una persona guardandola semplicemente negli occhi, nel diventare una vampira questa sua dote naturale deve essersi sviluppata in una forma di empatia che, con un pizzico di concentrazione in più, sfocia in un vero e proprio controllo dei sentimenti altrui. Questo potere e' solita usarlo per difendersi ma può essere usato anche come una sorta di "tortura" psicologica se usato con l'intendo di far del male.
Classe: Classe A
Particolarità: Forse è il dono stesso di poter controllare i sentimenti altrui, o forse è semplice fortuna il fatto che, nonostante sia divenuta una vampira, non sembra aver perso nulla dell'umanità che l'ha sempre caratterizzata. Continua ad apparire agli occhi altrui come una ragazza normalissima e anche molto gentile, se non fosse per la sua carne così fredda si potrebbe pensare che lei non abbia mai subito trasformazioni di alcun genere.

SPOILER (click to view)
Nome: Winry Rockbell
Provenienza: Full Metal Alchemist.


Aspetto fisico
Lineamenti delicati che donano al viso una forma un po' tondeggiante che le donano l'aspetto di una ragazza nel pieno dell'adolescenza. La sua carnagione rosata s'intona alla perfezione a quei lapislazzuli incastonati nel faccino fanciullesco e che trasmettono soprattutto dolcezza. Per nulla invadenti, sì può intravedere in essi soprattutto note di preoccupazione e desiderio di aiutare chi le sta accanto. Le sue labbra, quando e' in compagnia di qualcuno, sono sempre incrinate in un sorriso dolce e amichevole che nascondono emozioni volte soprattutto alla tristezza e malinconia per il passato oscuro. Il tutto é incorniciato da fili di seta dorata che ricadono ai lati del suo viso, o al di sopra della fronte sotto forma di frangia. Lisci e lunghi, solitamente li tiene intrappolati in una coda alta, o, altrimenti, da una bandana affinché non le infastidiscano il viso.
Non e' alta, anzi, nonostante ciò possiede un fisico proporzionato per la sua statura; snella e con delle curve presenti, se non addirittura perfette per la sua corporatura. Quando era umana la sua forza era quella di una normalissima ragazza dell'età che possedeva allora, la trasformazione le ha donato velocità e forza maggiori, quanto le basta per difendersi dai suoi simili e dalle altre creature, ma non sufficiente per sostenere un vero e proprio scontro corpo a corpo.
E' solita indossare abiti femminili, per quanto possano risultare scomodi a molte persone, se si ha dimestichezza con essi possono diventare estremamente comodi.


Photobook del PG:
Uno; Due; Tre; Quattro; Cinque;

Aspetto psicologico
Il suo non è un carattere complesso, ciò che è realmente difficile da capire sono i suoi pensieri, ciò che cela nella sua mente in determinati momenti. Una ragazza socievole piena di fiducia verso il prossimo, delicata e gentile nei modi di fare finché mantiene la calma. Ama la compagnia delle persone, soprattutto quelle verso le quali ha un legame di affetto, legame che le risulta semplice da instaurare grazie al suo dono naturale di comprendere le persone altrui.
Pronta ad aiutare, non risulta essere mai invasiva se non quando lei stessa lo ritiene necessario per il bene della persona che lei stessa ha scelto.
Quando serve sa avere una mano ferma e farsi rispettare con le parole; a volte e con determinate persone diviene anche un po' manesca senza perdere quella delicata femminilità che la contraddistingue. I suoi occhi sono lo specchio della sua anima. Trasmettono bontà e desiderio di aiutare il prossimo senza mai chiedere nulla in cambio.
La cosa straordinaria di questa fanciulla è che ha mantenuto questo carattere e, anzi, forse si accentuato di più nonostante la vita che ha vissuto. Non si lascia stravolgere dagli eventi e cerca sempre di offrire un sorriso a chi le sta accanto. E' difficile che mostri agli altri la sofferenza che può provare in alcuni momenti.
Sensibile, molto sensibile ai cambiamenti d'umore altrui, ha la straordinaria capacità, già da prima che divenisse una vampira, di comprendere ciò che una persona prova e, quasi fosse una psicologa, quando può cerca di comprendere il motivo della nascita di determinati sentimenti.
La sua pecca sta nel non saper distinguere il più delle volte i veri sentimenti che prova nei confronti delle persone che la circondano. Capisce al volo gli altri, ma non sé stessa e il suo animo. E' una vampira ormai, ma nonostante questo ha avuto la straordinaria capacità di non perdere sé stessa, di non perdere la sua umanità e la bontà.
La trasformazione non ha fatto altro se non donarle il potere vero e proprio sui sentimenti altrui, quasi il suo destino fosse sempre stato quello di comprendere al meglio gli altri e non quello di divenire una creatura egoista e superba.


Background

La vita,
nessuno ne è realmente padrone, anzi, è la vita che è padrona di te. Ti usa, gioca con te, si diverte a mostrarti paradisi e inferni, a donarti meraviglie e orrori e tu sei intrappolato nel suo giogo... non hai modo di opporti, e se lo fai, lei ti ferirà dandoti in pasto alla sofferenza.
E' crudele, ma sa essere anche generosa.
Con me sembra non essersi sbilanciata troppo rimanendo in equilibrio tra la sofferenza e la serenità; c'è chi dice che in realtà non è come penso io e che tendo ad essere troppo minimalista nei confronti di ciò che io stessa ho vissuto, ma non posso fare a meno di pensarla in tale maniera. Ho visto tante persone soffrire ancor più di me e nonostante tutto hanno continuato a combattere senza lasciarsi travolgere dagli orrori che gli erano stati offerti su un piatto d'argento.
Io ho avuto la possibilità di vivere in vari mondi, nei vari ceti sociali dell'Inghilterra novecentesca, so cosa voglia dire essere una famiglia borghese, e so cosa voglia dire cadere talmente tanto in basso da essere considerata come se fossi un semplice oggetto che la gente “affitta” per i propri scopi per poi tornare al legittimo proprietario.
Fino all'età di otto anni ero vissuta in quello che si poteva considerare una sorta di paradiso.
Una famiglia a cui non mancava nulla e, anzi, si concedeva anche numerosi lussi, come una casa in città, e un'altra nella verdeggiante campagna inglese. Ma con una coppia formata da un avvocato e da una scrittrice non si poteva di certo aspettare che non fosse altrimenti.
Forse non erano conti o cose del genere, ma potevano comunque vantare un nome diffuso nella metropolitana londinese, ciò gli permetteva di accedere alle serate con personaggi importanti e soprattutto influenti che li permetteva di diffondere i propri nomi ed avere la possibilità di accedere a dei livelli più alti nella società.
Non ho mai avuto l'opportunità di accedere a queste grandiose serate vista la mia età troppo giovane, se tutto fosse filato liscio, avrei sicuramente debuttato in una società tanto ricca quanto falsa.
Ma io non ero destinato ad un mondo che sicuramente io per prima avrei rinnegato.
I progetti che i miei genitori avevano fatto per me, tutte le promesse che mi avevano fatto...tutta la vita che fino a quel momento avevo vissuto scomparve, come se qualcuno avesse cancellato ogni avvenimento passato decidendo di riprendere a scrivere la mia vita.
A causa di alcuni debiti la mia famiglia si ritrovò improvvisamente sul lastrico e i miei occhi da bambina osservavano con ingenua curiosità ciò che le accadeva intorno rimanendo sempre più spaventata dalle voci urlati dei genitori.
A quella bambina appariva così strano sentirli litigare, anzi, non sapeva che lo avrebbero mai fatto anche i suoi beneamati genitori. Tutto era improvvisamente cambiato.
Nel giro di pochi mesi avevano dato via quasi tutti i nostri averi, i vari “amici” che la mia famiglia vantava voltarono le spalle improvvisamente dimentichi di ciò che eravamo stati nella loro vita.
Dalla sontuosa casa che avevamo nel centro di Londra, passammo ad una piccola abitazione che a stento si teneva in piedi. Mia madre non riusciva più a pubblicare dei libri e mantenermi divenne ogni giorno più difficile. I debiti stavano gravando sulle spalle della famiglia che, ormai rimasta sola, non aveva più modo di poter saldare...ero diventata un peso, un peso che non li permetteva di trovare vie d'uscita da quella situazione.
Un anno, era passato un anno e al sopraggiungere dell'inverno non avevamo legna da ardere, tanto che vivevamo in una casa gelida con unico riparo dal freddo i pochi indumenti rimasti e delle coperte malmesse. La mia salute rischiava di essere compromessa a causa del mio fisico non abituato a simili temperature. Cresciuta nel lusso e sempre al riparo dalla rigidità climatica dell'Inghilterra invernale, ora non riusciva ad abituarsi a questo genere di cambiamento e inevitabilmente mi ammalai. Inevitabilmente i miei genitori furono costretti a fare altri sacrifici per curarmi, cosa che risultò praticamente impossibile.
Non ho molti ricordi di quel periodo, la febbre alta mi oscurava la mente, e passavo la maggior parte del tempo a dormire o vaneggiare. Passarono giorni, forse addirittura settimane prima di vedere sul viso dei miei genitori quello che parve essere un sorriso pieno di speranza per me. Non capivo cosa stesse succedendo, insomma stavo ancora male. Le mani mi carezzavano con dolcezza la fronte umida a causa del sudore sentii mio padre parlare con una terza persona che non apparteneva alla nostra famiglia poi, prima che potessi capire cosa stesse succedendo l'oscurità calò sui miei occhi e caddi nuovamente in uno stato d'incoscienza.
Calore, qualcosa di morbido e accogliente mi avvolgeva e un intenso profumo di vaniglia assorbiva completamente i miei sensi. Lentamente schiusi gli occhi, rendendomi conto che, per la prima volta dopo tanto tempo, non mi sentivo completamente privata di forze e con la mente annebbiata. Venni investita da una forte luce, tanto che fui costretta a coprirmi gli occhi con la mano. Quando mi abituai, potei notare che la stanza in cui mi trovavo non era la mia. Il mio corpo era adagiato su un letto a baldacchino con le tende in cotone fino e ricamate. I tessuti che mi coprivano appartenevano solamente alle persone che appartenevano all'alta borghesia. Per quanto potessi essere piccola mi rendevo perfettamente conto che ciò non era possibile in quanto la mia famiglia non se la sarebbe mai potuta permettere, non più.
Mi alzai da quel letto così lussuoso e poggiai i piccoli piedi su quello che scoprii essere un pregiato tappeto persiano. Rimasi a lungo ad osservarlo mentre saggiavo la morbidezza dello stesso fino a quando la porta non si aprii. Era strano non sentir cigolare dell'infisso come ormai erano soliti fare quei pochi presenti nella nostra nuova casa. Mi aspettavo di veder oltrepassare la soglia uno dei miei genitori e invece... vidi giungere verso di me una cameriera che esclamava in continuazione parole di gioia poiché mi ero ripresa dalla malattia che fino a quel momento mi aveva accompagnata. La guardavo con sguardo perplesso non comprendendo chi potesse essere e se l'avessi mai conosciuta nella mia vita. Non riuscivo a ricollegarla e, notando il mio disagio, la cameriera si affrettò a presentarsi e rassicurarmi con le solite frasi che si sussurrano a una bambina spaesata. Non davo peso a ciò che stavo dicendo, e come se non avessi sentito nulla di ciò che mi stava dicendo, le chiesi, interrompendola, dove si trovassero mamma e papà. L'espressione che si disegnò sul suo viso non mi piacque affatto. La fissai negli occhi con intensità, riproponendo la domanda con una punta di esigenza nella voce, ma ricevendo come unica risposta la donna che si alzava e si dirigeva fuori dalla camera chiudendo poi la porta a chiave.
Rimasi a fissare imbambolata quello stesso punto a lungo cercando di capire cosa stesse succedendo, avevo un presentimento terribile, ma cercai di mantenere la calma.
Scesi dal letto, dirigendomi verso la finestra e affacciandomi notando che quello in cui mi trovavo non era neanche il mio quartiere. Vedevo carrozze andare e venire, dame con pellicce che camminavano in compagnia spettegolando su chissà chi. Non era decisamente la zona dove abitavo io. La porta venne nuovamente aperta, e stavolta la oltrepassò un uomo che, dall'abbigliamento, risultava essere sicuramente il padrone della casa. Mi sorrise con fare affabile mentre mi faceva cenno di avvicinarmi a lui con una mano. Esitai, guardandomi intorno, per poi riposare i zaffiri su di lui. Mi morsi il labbra scuotendo in segno di dissenso la testa. Mamma mi aveva sempre detto di non fidarmi degli sconosciuti, ed era ciò che avevo intenzione di fare. Non parlai, rimasi a guardarlo. La sua espressione si addolcì ulteriormente, si girò e prese in mano una sedia, per poi posarla proprio davanti a me, si sedette su di essa senza staccare mai gli occhi dal mio visino. Sospirò presentandosi, iniziando poi a spiegare come le mie condizioni erano a dir poco disperate e avevo sfiorato di poco la morte. Ciò in realtà non m'interessava, nuovamente, ribadii la domanda che avevo fatto alla domestica soli pochi minuti prima. Un sospiro profondo mentre il suo sguardo sembrò incupirsi e deviò il mio. Si alzò dirigendosi verso un quadro appeso sopra la cassettiera in legno lucido e intagliato fissandolo a lungo con le mani congiunte dietro la schiena. Non aggiunsi altro, rimasi a guardarlo attendendo una risposta. Passarono parecchi minuti prima che mi spiegasse ciò che era successo e perché mi trovavo lì in mezzo a degli sconosciuti. Comprendevo le loro ragioni ma, mi sentivo comunque abbandonata, sola... mi avevano lasciato a quell'uomo affinché si prendesse cura di me e mi facesse crescere come avevano programmato che succedesse ma avevano fatto un grave errore...non solo per come sarei stata io nei giorni successivi alla mia ripresa, ma anche a lungo andare avrei scoperto che il mio destino non era di certo quello di fare la signora della nobiltà.
Naturalmente i primi tempi non furono dei più felici, avevo il pensiero fisso di mia madre e mio padre che continuavano a vivere in quella catapecchia, mentre io me ne stavo in mezzo al lusso del borghese che mi aveva adottato, mi mancavano e sarebbe continuata in tale maniera per non so quanto tempo, ma al tempo stesso mi sentivo in dovere di mostrare quel mio lato più gioioso, un po' per ringraziare quell'uomo di ciò che stava facendo per me.
Passarono le giornate, i mesi, gli anni e io crescevo in quella famiglia formata solamente dal mio tutore e la sua compagna. La seconda era poco presente a causa delle sue numerose uscite con le “amiche” tra pomeriggi all'insegna del thé, di circoli di cui ignoravo la natura, e serate. Sembrava quasi di essere tornata a casa...già quasi.
Ora, più di prima, riuscivo a fingere di stare completamente bene, ridevo scherzavo e cercavo di non pensare a come potessero stare dall'altra parte.
Uno, due, tre...quattro anni passarono prima che un altro sogno si spezzasse completamente.
Avevo da poco compiuto quattordici anni dal che il mio padrigno iniziava a mormorare che ero pronta, seppur non mi spiegasse mai di cosa stesse parlando.
Ero cresciuta, e si vedeva che stavo iniziando a prendere dei lineamenti sempre più maturi, il mio corpo andava mano a mano sempre più sviluppandosi e nella mia mente mi frullava una sola cosa: la curiosità di scoprire di ciò che avevano in serbo per me.
Il giorno prestabilito giunse, e io venni abbigliata con le migliori stoffe che si potevano trovare nel commercio del paese. Una volta che tutta la famiglia fu preparata, prendemmo la carrozza e ci dirigemmo verso quello che doveva essere il luogo prescelto per... non sapevo nemmeno io cosa. Scesa dalla carrozza mi ritrovai davanti un alto edificio scuro in mezzo a una via che non mi diedero tempo neanche di studiare spingendomi con fare frettoloso all'interno della struttura. La mia madrina mi guidò successivamente in quello che scoprii essere un salone con un piccolo palco addossato ad una parete e molte sedie rivolte verso di esso. Ciò che mi straniva fu il fatto che non sembravano esservi strumenti che giustificavano un qualcosa del genere. Venni portata al di sopra dello stesso, mentre mi guardavo intorno spaesata, ponendo un interrogativo silenzioso alla donna che fino a quel momento mi era stata affianco, non trovando però alcuna risposta, anzi, m'impose di rimanere dove mi trovavo ed attendere. Nel frattempo varie domestici si stavano occupando di chiudere tutti gli infissi e tirare le tende così da mettere al buio la stanza, buio che quasi subito venne spazzato via dalle numerose candele che accesero. Il punto più illuminato era proprio quello dove mi trovavo io.
La confusione continuava a farmi strada nella mente, quando finalmente entrarono varie persone che si posizionarono ai loro rispettivi posti portando poi l'attenzione proprio su di me. Mi mostrai a tutti impassibile, seppur dentro di me stessi iniziando ad avere paura, nuovamente avevo un brutto presentimento. Tornò ad affiancarmi mia madre, che annunciò il mio nome, aggiungendo come particolare la mia età. Mi venne spontaneo alzare un sopracciglio e osservare lei mentre annunciava l'inizio di un'asta. Non sapevo, o non volevo sapere, cosa vi era all'asta, almeno fino a che, notando le offerte a dir poco basse, non si avvicinarono a me altre persone che iniziarono a spogliarmi dei miei indumenti. Mi divincolai, cercando di evitare una simile umiliazione davanti a tutte quelle persone, ma non ce la feci contro quei due uomini. I compratori, divertiti dalla mia reazione, iniziarono a ridere ed ad aumentare le offerte.
La realtà di ciò che stava accadendo mi arrivò come se fosse uno schiaffo, ero io la merce da vendere, ero io quella che volevano comprare per chissà quali scopi. Gli occhi mi bruciavano mentre le lacrime minacciavano di uscire. Non volevo assolutamente essere spogliata dei miei indumenti, della mia dignità, non volevo essere trattata come se fossi un animale...ma era ciò che stava accadendo. L'offerta più alta giunse quando rimasi con il petto completamente nudo, esposto a quegli occhi che sembravano bruciarmi la pelle. Mi voltai cercando i miei genitori adottivi: era questo che volevano fare fin dal primo momento in cui i miei genitori naturali mi avevano lasciato a loro? Erano queste le persone di cui si erano fidati per farmi vivere al meglio? A quanto sembrava non ero destinata a una vita che potesse essere considerata tale se non per un breve periodo di tempo.
Venni trascinata a forza in una stanza adiacente a quella in cui si trovavano tutti mentre continuavo a divincolarmi con violenza urlando con tutta la voce che avevo in corpo di lasciarmi.
Da quel giorno, tornai ad avere una vita che mi faceva rimpiangere ancor di più la decisione dei miei genitori.
Ero passata dal vivere in una reggia alla strada, poi nuovamente una reggia e infine quello che a tutti gli effetti era un bordello. Il mio corpo veniva ogni giorno svenduto come merce di scambio e di piacere per chiunque pagasse una cifra sufficientemente alta per una ragazza che puntualmente cercava di ribellarsi a quella che ogni volta si rivelava essere l'ennesima violazione ed umiliazione non riuscendo a difendermi da degli uomini che erano il doppio di me.
Altri due anni passarono in quelle condizioni che lasciarono dei segni indelebili non solo sul mio corpo, ma soprattutto nella mia mente.
Quella sera mi trovavo nel retro del locale in cui mi ero trovata costretta a lavorare, ormai mi ero arresa al fatto che non potevo fuggire ma di tanto in tanto avevo il disperato bisogno di stare da sola, via da quel caos che mi riempiva ogni giorno la testa. Gli indumenti che indossavo in quel momento servivano a coprirmi a malapena il corpo. La parte superiore era a tal punto stracciata che, se non fosse stato per i capelli che collaboravano a coprire i miei seni, tutti avrebbero potuto ammirare il mio corpo...come se non lo facessero già. Era insensata come cosa, eppure, almeno in quei momenti di “pausa” avevo il forte desiderio di riprendermi quel poco di dignità che mi rimaneva. Fu quello il momento in cui giunse un ragazzo, un ragazzo che possedeva un fascino a dir poco invidiabile.
Tanti uomini, tante persone erano giunte davanti alla mia strada, ma lui aveva qualcosa di speciale, qualcosa che lo rendeva unico. Tristezza, malinconia, era ciò che mi trasmetteva, era ciò che mi teneva inchiodata a lui. Fin da subito sentii un forte legame nei suoi confronti, e fu proprio per questa ragione che lo implorai di andarsene. Se il padrone lo avesse visto, sicuramente sarebbe finito in guai serissimi e non volevo, non doveva succedere.
Alla mia richiesta però, mi rispose con una sonora risata quasi pensasse che lo stessi prendendo in giro, o che addirittura lui non rischiava nulla. Lo guardai come si guardano gli stolti, non era normale una reazione del genere. Sentendo la porta spalancarsi all'improvviso, il sangue si gelò nelle vene, mentre non trovavo il coraggio di girarmi a guardare quell'essere che consideravo a dir poco disgustoso.
Mi parai davanti al ragazzo dai capelli biondi come a volerlo proteggere, il tempo di prendere posizione che ricevetti un pugno in pieno viso. Una fitta di dolore sullo zigomo che mi stordì. Se non fosse stato per il ragazzo che in quel momento mi aveva afferrato sarei caduta a terra. Fu delicato con me quando mi fece adagiare a terra. Ciò che mi lasciò perplessa fu la reazione che ebbe, e le parole che pronunciò. Alla maggior parte delle persone non interessava di cosa ne sarebbe stato di una sgualdrina quale ero io, ma lui sembrava aver preso a cuore tale situazione. Mi portai una mano alla bocca sentendo le ossa dell'uomo spezzarsi dopo delle veloci e semplice mosse da parte del biondo. Lo trovavo incredibile, insomma il padrone del locale era il doppio di quello che, ormai, potevo considerare come una sorta di salvatore, eppure lui in pochissime mosse lo aveva steso come se nulla fosse. Rimasi con gli occhi fissi sull'uomo che ora agonizzava a terra, non seguii subito la richiesta del biondo frastornata com'ero da ciò che stava succedendo sotto ai miei occhi. Alla fine mi rialzai, seguendolo verso il centro di Londra. Lo seguivo però, perché lo facevo? Insomma non sapevo niente di lui, forse mi aveva salvato da quell'uomo ma non potevo sapere cosa aveva in mente di fare lui. Non trovavo ragioni per la quale dovesse aiutare una sgualdrina quale ero. Lo guardavo di sottecchi mentre cercavo di mantenere il suo passo e cercare di capire cosa volesse veramente da me.
Provai a chiedere il suo nome, ma la risposta che mi diede mi fece comprendere che non aveva alcuna intenzione di rivelarmelo seppur ero sicura di avere il diritto di saperlo. Ma non era solo perché mi aveva salvata che volevo sapere il suo nome, era qualcos'altro che esigeva una risposta, risposta che non giunse. Lo ringraziai comunque, dicendo anche quale fosse il mio nome per una qualche assurda ragione che neanche io comprendevo. Ora che ci penso, la maggior parte delle azioni che ho sempre compiuto non hanno mai avuto un vero e proprio scopo, dettate sempre e comunque da quell'istinto, da quel qualcosa che mi faceva capire che stavo facendo la cosa giusta.
Venni condotta in una zona decisamente più rispettabile rispetto a quella in cui vivevo da tempo. Ci fermammo davanti alla porta di quella che appariva essere una casa modesta. Dal suo sguardo compresi che c'era più di qualcosa che non andava, e che portarmi in quel luogo gli era costato veramente tanto dal punto di vista psicologico. Quando lo vidi voltarsi per lasciarmi là da sola, non potei fare a meno se non fermarlo afferrando il suo polso, con tanta decisione quanta dolcezza. Non volevo rimanere nuovamente da sola, non ora che mi ero sentita per la prima volta dopo tanto tempo veramente protetta. Senza rendermene conto, lo stavo implorando con lo sguardo di rimanere accanto a me, di non lasciarmi come avevano fatto già una volta i miei genitori.
La domanda che posi però, sembrava avere a che fare con tutto, tranne che con i miei desideri più reconditi, spiegazioni, ecco cosa chiesi, spiegazioni per la scelta di tale posto dove abbandonarmi... quando la risposta mi giunse, il mio animo non si acquietò. Mi avrebbe lasciata, da una persona che lui conosceva bene, ma mi avrebbe comunque lasciata. Alla fine fui quasi costretta a lasciare la presa dal suo polso e a vederlo darmi nuovamente le spalle ed andarsene.

Per mia fortuna venni accolta con calore dal fratello di quello che, scoprì chiamarsi, Edward. Rimase stupito nel constatare che fosse ancora vivo, lo aveva dato per morto visti i suoi lunghi anni di assenza.
Finalmente mi trovai in un ambiente che potessi considerare realmente famigliare. Al era una persona affettuosa, gentile e anche estremamente buona seppur accusasse ancora il dolore per via del fratello che non aveva alcuna intenzione di tornare a casa. Io non ero da meno, per quanto potessi trovarmi bene in compagnia di quel ragazzo, sentivo che in me mancava qualcosa, un qualcosa di cui non mi ero mai accorta dell'esistenza fino all'arrivo di quel ragazzo.
Una cosa che avevo notato di quel ragazzo era che la sua temperatura corporea era innaturalmente bassa, ed erano ben poche le creature che potevano permettersi qualcosa del genere. Nella Londra del tempo le voci giravano in fretta, e compresi quale fosse la sua vera natura, e anche la ragione per la quale non aveva intenzione di stare in mezzo alle persone normali, avrebbe rischiato di ucciderle senza neanche volerlo. Fu così che presi una decisione, volevo stare con lui senza che nessuno dei due corresse dei rischi.
Non avvertii Al di ciò che avevo intenzione di fare, gli dissi solamente che sarei uscita.
Vagavo per i vicoli della città senza sapere dove andare precisamente, sicura che alla fine sarei stata trovata da chi m'interessava. Non guardavo dove andavo, dove i miei piedi, le mie gambe mi portavano, lasciavo loro la libera scelta di dove girare, di quando continuare per quella strada dritta oppure imboccarne una più ramificata. Il mio camminare senza meta venne interrotto da una risata squillante e a mio parere decisamente irritante, da un angolo vidi sbucare fuori una ragazza che non potevo far altro se non definire affascinante...bella come poche e, anche, dannatamente pallida. Era palese che fosse come Edward, e da come si stava rivolgendo a me compresi che doveva anche conoscermi, seppur non sembrava avere alcuna buona intenzione nei miei confronti. Ce lo stavamo contendendo, volevamo lo stesso ragazzo ed era per questa ragione che era decisa ad eliminarmi a qualsiasi costo. Mi azzardai comunque a muovere la mia richiesta, anche se la risposta era del tutto scontata, ma tentare, non mi avrebbe mai fatto del male, o meglio, almeno non avrei perso quell'occasione.

Rendimi un vampiro. Ti prego.
La voce della fanciulla dalla chioma dorata risuonava supplichevole, trasmetteva tutto il desiderio che aveva di condividere la propria vita con quel ragazzo in semplici parole. Era intenzionata fino alla fine di combattere per camminargli al suo fianco. I suoi occhi dalla tonalità del cielo erano puntati contro quella figura che trasmetteva un forte desiderio di violenza, sangue. Era una vampira, una vampira come sarebbe dovuta essere: spietata, bramosa di sangue ed ingorda di potere ed ogni cosa su cui i suoi occhi posavano lo sguardo interessati. Ma la fanciulla non si faceva sottomettere da ciò e continuava indomabile e sicura di sé a fare quella richiesta continua anche solo con quei zaffiri.
La richiesta che aveva mosso avevano dapprima stupita l'oscura creatura, ma successivamente ridestò in lei quella che appariva essere del'ira repressa. Chiese spiegazioni non comprendendo cosa la spingesse a compiere un'azione così sconsiderata. Forse si aspettava una risposta complessa, ma ciò che ricevette fu una semplice parola che racchiudeva in sé molto più di ciò che aveva potuto immaginare.
Amore
Quella semplice parola che per molte persone vuol dire un qualcosa di più complesso, e infinitamente più grande di ciò che appare a chi non ha mai avuto il piacere di provarlo.


Fu allora che vidi quell'ira quasi esplodere dagli occhi furenti della donna, vedevo già la mia vita essere stroncata senza che avessi l'opportunità di rivederlo, di dirgli ciò che provavo realmente e lui, quasi avesse percepito la mia richiesta, quel mio ultimo desiderio, si frappose fra me e lei dandomi le spalle, mandandola via con delle parole che stupirono anche me. Aveva accettato la richiesta di quella che non potei far altro se non considerare una dannata. Me lo stava portando via! La sola idea che se ne sarebbe andato, che mi avrebbe lasciato sola mi fecero sentire un vuoto dentro di me. Sembrò quasi che il cuore smise di battere mentre guardavo quel demone andarsene soddisfatto delle parole di Edward. Disperazione, rabbia e soprattutto tristezza piombarono sul mio animo mentre si lasciava cadere sulle dure pietre che formavano le varie strade di quella triste città. La sicurezza che avevo sempre sostenuto vacillava davanti a quella realtà che mi stava mettendo davanti agli occhi, occhi che in quel momento sembravano non riuscire più a contenere le lacrime che iniziarono a rigarmi il volto. Non riconoscevo più quel ragazzo che, seppur distaccato, aveva un cuore gentile, nobile...non riconoscevo più il ragazzo verso il quale avevo provato un sentimento tanto forte da spingermi a un gesto sconsiderato come quello di cercare un altro della sua razza per poi poter condividere il suo stesso destino. Ma ero sicura, ero certa che lui c'era ancora. Stringevo i pugni cercando di scaricare in quel misero gesto tutte le emozioni negative che stavo provando in quel momento.
Senza neanche rendermi conto mi ero alzata con uno scatto in piedi, ritrovandomi davanti a quegli occhi che tanto amavo, chiedendo con rabbia di ridarmi la persona che avevo conosciuto e che sapevo esistere ancora. Quelle richieste anzi, quegli ordini, sembravano essere parole pronunciate da una persona che si aggrappava a false speranze. Tutto nella mia vita era andato perduto, ogni cosa...e non volevo che succedesse anche con lui. Quell'unica battaglia che stavo combattendo in quel preciso momento la dovevo vincere ad ogni costo.
Ma la forza che mi aveva fatto tenere lo sguardo alzato e sprofondato nei suoi occhi, improvvisamente sembrò abbandonarmi, e con essa, io abbandonai il mio viso sulla sua spalla singhiozzando e chiedendo per un'ultima volta e disperatamente di ridarmi il mio Edward.
Le mani si stringevano sui lembi delle sue vesti cercando in ogni modo di scaricare la tensione. Il mio volto si distaccò, mentre cercavo ancora per una volta di tirar fuori la persona che avevo conosciuto in una tacita richiesta dettata dai miei occhi.
Le sue braccia avvolsero il mio esile corpo, come se finalmente si fosse deciso ad assecondare le mie richieste, e le sue labbra s'impossessarono delle mie mentre mi stringeva a sé.
In quei momenti persi ogni cognizione del tempo. Le mie braccia ricambiarono il suo abbraccio come le mie labbra il suo bacio. Quel semplice gesto sembrò volermi ripagare di tutto ciò che avevo dovuto vivere fino a quel momento. Era come se finalmente la parte mancante di me fosse ritornata al suo posto, quella parte che non avevo mai neanche percepito se non con il suo incontro.
Si distaccò da me, un fugace addio prima di scomparire per sempre nelle ombre della Londra del tempo. Ero attonita, ma al tempo stesso rincuorata di non averlo perso, ero certa che se avessi continuato a combattere avrei ottenuto ciò che desideravo.
Avevo combattuto sempre alla cieca, non sapendo come muovermi e per quale ragione lo stavo facendo. Lui mi aveva dato una ragione per tutto ciò e non potevo far altro se non essergli grata.
Ero triste perché ero sicura che dopo quel giorno non lo avrei rivisto con molta facilità, ma sapevo che se non mi sarei arresa alla fine lo avrei rincontrato per un ultima volta. Non tentai di corrergli dietro, consapevole che sarebbe stato inutile e avrei solo rischiato di ficcarmi in qualche altro guaio. Ora più che mai avevo l'intenzione di divenire come lui, una vampira, così da avere tutto il tempo possibile per la ricerca.
Per mia fortuna passarono solo alcuni mesi prima di poter vedere realizzato parte del piano che mi ero prefissata di seguire. I vampiri alla fine non sono tanto differenti dagli esseri umani. Quella fu l'unica volta in cui vendetti il mio corpo di mia spontanea volontà, se così non avessi fatto la mia richiesta non sarebbe mai stata assecondata.
Rimasi al fianco di Al, almeno finché lo ritenetti necessario, per poi andare a cercare il fratello di cui nel frattempo ne erano state perse le tracce.
Vidi passare davanti ai miei occhi sempre più esperti e consapevoli della vita gli anni, vidi le persone invecchiare mentre il mio corpo rimaneva perennemente giovane. Vi misi un po' ad abituarmi alle mie nuove condizioni fisiche e alle capacità che ne derivavano. La trasformazione comportò anche l'aggiunta di un potere, che scoprii successivamente essere una sorta di amplificazione a un dono che possedevo già. Sentivo indistintamente i sentimenti delle creature che calpestavano quella terra, a volte mi capitò anche di poterli manovrare così da essere agevolata in determinate situazioni. Nonostante ciò, non trovai la persona per la quale avevo compiuto così tanti gesti avventati.
Non sapevo nulla di lui, dei suoi spostamenti, ma ero sicura che era ancora vivo.
Quando udii parlare della St Douglas decisi che quella sarebbe stata la mia prossima meta, speranzosa che sarebbe anche stata l'ultima tappa della mia ricerca.
 
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