My Sweeth Arcadia ~

Yume, St Douglas

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LadyFlame ~
view post Posted on 14/4/2010, 13:20




Generalità
Nome e cognome: Yume
Data di nascita: 19/9
Età: In apparenza una ventina, realmente sui cinque o sei secoli
Sesso: Donna ù.ù
Nazionalità: Da Qualche Meandro dell'Africa *A*
Stato Sociale: Mediolocato
Razza: Maga Rossa
Poteri: Sogni, incubi... il mondo stesso della mente le appartiene. Riesce ad intrufolarsi con discrezione, senza che nessuno se ne renda conto, legge come se fosse un libro ciò che si nasconde all'interno di essa.
Governa i sogni, che può trasformare in incubi...ha anche la capacità di poterteli far vivere dal vivo, di ferirti fisicamente attraverso essi. Può quindi rendere materiale ciò che la sua mente crea ed utilizzarla. Quando si scontra contro qualcuno e' solita far materializzare quella che lei denomina essere la sua guardiana. Una creatura che solitamente tiene posta alla guardia della sua stessa mente.
Classe: B
Particolarità: Tiene sempre al collo un ciondolo azzurro, e' tutto ciò che ha della sua tribù. Pur non dimostrandolo protegge sempre le persone che le stanno attorno e a cui tiene usando la massima discrezione. E' difficile che mostri qualche tipo di sentimento per quanto intenso esso possa essere.
La sua curiosità inoltre la porta ad avere con se sempre una gran quantità di libri.

SPOILER (click to view)
Nome: Non ne ho idea =w=''
Provenienza: Leggi sopra xD


Aspetto fisico
Yume, sogno... E lei è un sogno, un sogno dalla carnagione di un color ebano chiaro e lunghi capelli neri come l'oscurità, li tiene sempre sciolti, con la frangia che le copre la fronte; ciò che risalta nel suo viso sono gli occhi color ametista, quasi brillano al sopraggiungere della notte. Profondi, distaccati e inespressivi, sono attenti ad ogni particolare del luogo che la circonda, delle persone con cui interagisce. Le sue labbra carnose difficilmente predono per prime la parola, ma quando lo fanno danno vita a una voce dolce e incantevole come se stesse cantando una ninna nanna dolce e gentile. Difficilmente s'incrina in espressioni di rabbia, anzi, e' difficile che mostri reali sentimenti, per quanto ne possa provare a miriade. Il suo viso possiede dei lineamenti maturi, e anche un po' spigolosi, pur non andando nell'eccesso. Ha una maschera indosso di perenne inespressività, sembra una bambola, un essere vivente privato di ogni emozione, di ogni possibilità di esprimersi. Per veder cadere questa maschera bisogna imparare a conoscerla, trovare argomenti che la stimolino così che si possa vedere un ombra emotiva su quel viso perfettamente immobile
Un corpo snello, slanciato e dai muscoli flessuosi come quelli di un felino. Le sue forme non sono esagerate ma armonizzate con il resto della sua fisionomia.
Indossa abiti scuri, preferisce un paio di pantaloni e una maglietta sbracciata per muoversi al meglio, ma ciò non vuol dire che disdegni gli abiti più femminili, anzi, essi sembrano donarle un che di magico.
Con sé porta sempre dei fili fatti in oro bianco che sembrano brillare di luce propria; le adornano il collo come se fossero delle collane, e le braccia, come se fossero dei bracciali complessi da indossare. In realtà sono oggetti che nascondono al loro interno della magia che li rende armi letali se utilizzati nella maniera esatta.


Photobook del PG:
Uno; Due; Tre;

Aspetto psicologico
Apatica, ecco come appare a molti: una donna apatica, che sembra non conoscere minimamente il concetto delle emozioni. In realtà lei ha semplicemente imparato a metterle da parte, le prova, ma le ignora in quanto possono essere compromettenti a causa dei poteri che possiede. Se lasciasse i sentimenti liberi di agire, ogniqualvolta che utilizzerebbe i suoi poteri rischierebbe di venirne travolta e, quindi, creare ingenti danni a chi lo deve subire.
Matura, molto matura ed intelligente. Arguta, dalla mente brillante e' sempre stata un'amante del sapere, tanto che conosce quasi tutti i più importanti testi del passato.
Osserva tutto ciò che la circonda con attenzione, senza tralasciare alcun particolare, consapevole che possa tornarle utile in qualsiasi momento. Quando parla, non lo fa mai a sproposito; ogni parola sembra essere misurata anche nel minimo particolare sfumatura che può donare al contesto in cui viene immessa.
Educata, sembra conoscere a memoria ogni minima mossa che si conviene al galateo di una dama dell'800, si sa esprimere con dei termini estremamente ricercati, e tramite questi risponde a tono nel momento in cui qualcuno si rivolge a lei con toni sgarbati e arroganti.
Riuscire a strapparle un piccolo sorriso non e' affatto difficile, il vero problema sta nel farle disegnare una vera e propria espressione su quel viso dai lineamenti totalmente immobili.
Per lei trovarsi in mezzo alla gente o stare totalmente sola non fa alcuna differenza in quanto, se ne ha bisogno, sa isolare completamente la mente e i sensi dal resto del mondo rinchiudendosi nei suoi pensieri come se si trovasse in una scatola ermetica.
La rabbia per lei e' un sentimento molto difficile da provare, anche il vederla infastidita non e' semplice, insomma, ha imparato a tenere a bada ogni sua emozione così da lasciarla nella completa tranquillità e poterla fare convivere con le altre persone in modo del tutto pacifico.
I rapporti con le persone del sesso opposto possono risultare, a volte, un po' difficoltosi in quanto con i suoi modi di fare tenda ad affascinare molto soprattutto il cosiddetto sesso forte, ma risulta comunque difficile che qualcuno la riesca a smuovere dalla sua posizione, a meno che non sia lei stessa colei che lo desideri.
Ama la cultura in ogni sua forma, tanto che nel passare dei secoli si e' sempre preoccupata di frequentare le scuole più prestigiose pur di avere una vasta conoscenza in tutti i campi che mano a mano venivano conosciuti.
La notte e' il momento che più di tutti preferisce, che sia illuminata o meno dalla luna, attraverso essa riesce a confondersi perfettamente con le ombre e percepire al meglio i pensieri delle persone che si trovano a un raggio di almeno una ventina di chilometri.



Background

L'America, un territorio vasto, che vanta una morfologia territoriale molto varia: montagne, foreste, giungle e anche pezzi di aridi deserti.
Il cosiddetto nuovo continente, quello dove vivevano dei popoli con una cultura completamente differente da quella occidentale. Vivevano in pace nelle loro foreste con i loro usi e le loro consuetudini.
Si sa, all'interno di questi popoli vi era la superstizione della stregoneria, e dell'esistenza di una moltitudine di Dei.
Quelle di cui si sentono tanto parlare, i popoli Aztechi, Maya ed Inca non erano però gli unici a vivere in questa vasta terra. Vi erano altre popolazioni minori, sempre con una cultura che si considererebbe antiquata, ma in realtà era molto più elastica di quelle odierne. L'epoca di cui vi sto parlando e' molto antecedente alla conquista delle Americhe da parte dell'uomo bianco.
Fu proprio in quel periodo che io nacqui, in una tribù in particolare, ove la magia non era semplice superstizione ma pura realtà. Le più alte cariche all'interno di essa erano rappresentate dagli stregoni e dalle sacerdotesse che compievano riti per le divinità.
La mia famiglia era quella che teneva le redini del nostro villaggio e vantava un albero genealogico in cui scorreva solamente sangue di stregoni. Ciò, al contrario di molte altre comunità, ci aveva permesso di divenire stanziali, e quindi di evitare i continui spostamenti.
Avere dei veri e propri stregoni voleva dire sapere in anticipo quando la natura si sarebbe scatenata in tutta la sua magnifica e terribile forza, sapere quando qualcuno veniva a farti a una spiacevole visita...insomma, premuniva da tutto ciò che avrebbe potuto intaccare il nostro delicato equilibrio.
Forse, quella era l'unica piccola tribù che possedeva dei veri e propri santuari, seppur essi si trovassero in luoghi come caverne, o nei pressi delle cascate.
Le uniche forme di sacrificio, erano quelle che venivano fatte per mezzo di animali, mai veniva toccato un solo corpo umano poiché la violenza doveva essere usata solo per lo stretto necessario.
In questo stesso ambiente nacque una bambina, aveva la corporatura esile e sembrava essere anche molto cagionevole di salute, quasi avesse ereditato lo stesso difetto fisico dalla madre. Al contrario di quest'ultima, però, passato il primo anno di vita la sua anima lasciò il corpo.
Era l'unica figlia che la coppia di stregoni possedesse e, in quanto tale con lei la loro stirpe e di conseguenza anche la loro tribù avrebbe rischiato l'estinzione.
Decisero così di mantenere il corpo privo di anima in vita.
Ora, più che un essere vivente vero e proprio appariva come una bambola: il suo sguardo era vuoto, il piccolo corpicino immobile se non per il lento respiro che svelava la vita, privata di spirito, che si trovava in essa.
Era lì, adagiata su un letto di pelli con gli occhi aperti, vacui, che fissavano il vuoto privati dei sentimenti, dono naturale delle creature che continuavano a calpestare quel mondo.
Ciò che stavano facendo a quel corpo era un qualcosa di completamente innaturale, ma necessario.
Purtroppo, essendo privo di coscienza non aveva la possibilità di crescere, apprendere, aiutare... Era semplicemente una bambola priva di tutto, tranne che del respiro vitale.
La donna non poteva avere altri figli, ed era fuori luogo che l'erede della famiglia fosse concepito al di fuori della stessa.
L'unica alternativa che trovarono fu quella di creare un'anima da mettere all'interno di quello stesso corpo.
Per crearla dovettero ricorrere a vari riti ed incantesimi con la bambina sempre presente affinché riprendesse realmente a vivere.
Fu così che nacqui io.
Fu così che ebbi un'anima e un corpo, un corpo che un tempo non mi apparteneva, un corpo che un tempo era di un'altra persona che non era riuscita a rimanervi ancorata.

Un'anima che non doveva esistere in un corpo che sarebbe dovuto morire...quale peccato hanno commesso?! Le loro anime saranno relegate negli inferi, e la fanciulla sarà destinata a vivere per l'eternità in quel corpo a lei tanto estraneo quanto familiare. Tutti condannati, solo perché' non si sapeva accettare una fine...una fine che in un modo o nell'altro giungerà.
Il destino ha deciso, e al destino non ci si oppone.


Vivere in un corpo che non ti appartiene e' veramente difficile, la tua anima si deve adattare, e finché' ciò non succede ti muovi come se avessi qualche menomazione fisica. Se la bambina che prima di me aveva vissuto in quel corpo aveva impiegato poco tempo ad imparare a camminare, parlare e muoversi, io ci misi più tempo, molto più tempo di quanto non impiegasse una bambina normale. In compenso i poteri che possedevo crescevano in fretta e io sapevo bene come usarli, come governarli.
Fu così che compresi quale fosse il mio dono. A causa della mia scarsa mobilità ero sempre rinchiusa a pensare, a lavorare con la mente e cercare di comprendere quelle altrui.
La notte, i miei poteri sembravano crescere a dismisura e io m'intrufolavo dentro i sogni altrui osservandoli con discrezione.
Sogni, incubi...divennero il mio regno, imparai a controllarli, a modificarli e lo trovavo divertente.
Crebbi, e divenni tutt'uno con il corpo che mi era stato donato.
In poco tempo imparai vari incantesimi propri della tribù che mi aveva donato la vita. Quello della magia per me era il mondo perfetto visto come ero affine ad esso.
Non so se dipendesse dal genere di poteri che possedevo, oppure fosse quella sorta di conflitto che avevo tra il mondo fisico e quello spirituale, fatto stava che era difficile vedermi dormire, e quelle poche che lo facevo era un sonno leggero, oppure una sorta di trance nella quale andavo a vegliare sui sonni altrui, e al tempo stesso controllavo tramite il tocco della mia mente se stesse giungendo gente estranea dal nostro piccolo villaggio.
Da quando avevo imparato ad avere un minimo controllo sui miei poteri nel mio villaggio non vi erano più stati degli incubi. Solo sogni che lasciavano le persone nel pieno della tranquillità e del riposo nel momento in cui si svegliavano.
Penso che avessero compreso il perché di tutto ciò, e forse era proprio per quel motivo che mi guardavano con enorme rispetto nonostante conoscessero il motivo per la quale quel minuto pezzo di carne continuasse a camminare, a vivere.
Gli anni passarono, veloci e io ormai sapevo muovermi perfettamente, anzi, le mie movenze potevano far invidia anche ai cacciatori. Silenziosa e furtiva, all'inizio stentavano ad abituarsi ai miei modi di fare così discreti, abituati com'erano alle altre ragazze che nonostante tutto si facevano fin da subito notare nel momento in cui si avvicinavano.
Io al contrario rimanevo una persona chiusa e introversa, quasi avessi compreso fin da subito che il mio dono richiedeva questo sacrificio. Non avevo mai provato a lasciarmi andare ai miei sentimenti, ma dentro di me sapevo che sarebbe potuto essere pericoloso tanto per me quanto per le persone che mi ero ripromessa di proteggere.
Mai, mai avevo perso memoria della mia infanzia, mai avevo perso memoria del compito che mi sarebbe stato affidato nel momento in cui i miei genitori avrebbero lasciato quel mondo per raggiungere i nostri antenati, a maggior ragione mi ero impegnata da sempre a imparare tutti i riti propri della nostra cultura. Sapevo a memoria ogni preghiera ed incantesimo, ogni santuario da raggiungere per rendere grazie ai nostri Dei.
Sapevo tutte queste cose, ma non sapevo cos'ero realmente, e le persone che amavo sembravano non volermelo rivelare. Questo sicuramente per farmi sentire il più possibile umana.

Amavo i miei riti, amavo la mia religione, e amavo praticare tutte le mie conoscenze all'interno dei piccoli santuari che ci eravamo creati in mezzo alla natura. Il mio popolo venerava e rispettava più di ogni altro la vita e il giungere della sua fine veniva ogni volta accolto tramite un rito. Naturalmente per la selvaggina ci si limitava a ringraziare gli dei pochi istanti prima di dare il colpo di grazia.
Ecco! Ecco cosa mi stavo scordando di dire... la caccia, amavo cacciare, amavo sfidare le altre creature e vedere chi sarebbe riuscito a spuntarla ogni volta. Amavo confrontarmi con creature che non fossero umane. Certo, i miei genitori non approvavano, ma sembravano al tempo stesso non desiderare opporsi alla mia decisione, quasi avessero compreso che sarebbe stato un qualcosa che mi sarebbe tornato utile nella mia vita futura.

Come scoprii ciò che ero realmente? Be', non lo scoprii, me lo dissero i gli artefici della mia anima quando lo ritennero più opportuno. Mi spiegarono la situazione con una maschera di piena tranquillità, nonostante leggevo nei loro occhi un forte disagio, come se ciò che avevano fatto fosse un qualcosa di disumano.
Ciò che feci?
Inclinai la testa da un lato, fissandoli negli occhi con sguardo penetrante cercando di capire se mi stessero mentendo o meno. Una volta ricevuta la conferma delle loro parole dal loro modo di comportarsi mi limitai a stringermi nelle spalle, come se la cosa non mi toccasse affatto. L'importante non era come ero nata, ma ciò che ero no? Era questo che avevano cercato di dirmi in quel discorso così lungo e pieno di giramenti di parole. Ecco, io gli diedi ragione, dissi che ciò che dicevano era del tutto vero, e che la pensavo allo stesso modo.
Come sono brava a mentire...
Indossare perennemente una maschera ti aiuta, eccome se ti aiuta. Riesci a nascondere ciò che provi realmente con una facilità impressionante, diventi la menzogna fatta a persona se lo desideri.
La verità era che avevo la conferma di essere veramente diversa da tutti i miei coetanei; un'anima, un'anima sbucata fuori da una serie di riti e di richieste fatte dagli Dei. Io non sarei mai dovuta esistere, andava contro ogni principio morale! E allora perché diamine mi trovavo lì?
Ero stata creata, creata come si fanno con le armi, con l'unica funzione di proteggere un villaggio che non sapeva cavarsela senza la sussistenza della magia, al contrario di molti altri che invece lo facevano.
Mi sentivo usata, come se fossi un insulso oggetto. Era per questo che tutti mi rispettavano? Perché sapevano che la mia anima era stata concepita solo per aiutarli?
Mi avevano mai considerato una vera e propria persona? Una creatura con dei sentimenti, che poteva essere tanto felice quanto poteva soffrire?
Quante domande, domande che non avrebbero mai ricevuto risposta. Non sarebbero mai stati così tanto idioti da dire ciò che pensavano realmente di me.
Ora sentivo gravare su di me un peso ancora più grande, troppo grande per essere sostenuto da una persona sola, eppure avevo ancora intenzione di farlo.
Mi avevano fatto un torto, ma io non ne avrei mai fatto uno a loro. Sapevo che prima o poi si sarebbero resi conto dell'abominio che avevano fatto e vedermi sottostare al mio compito come era deciso che fosse sarebbe stata una punizione più che buona.
Con passo deciso mi diressi verso la sorgente del fiume che passava a pochi metri di distanza dal nostro insediamento. Avevo dovuto risalirlo per parecchi chilometri, e nonostante ciò il mio corpo non ne risentiva. Sicuramente era a causa del fatto che quel corpo teoricamente non avrebbe dovuto continuare a respirare, ad avere delle normali funzioni vitali. La rabbia montava nel mio animo, e stare in mezzo alle persone poteva rivelarsi dannoso per loro. Avrei potuto perdere il controllo della mia mente e danneggiare la loro. Fino al momento in cui non mi sarei calmata non sarei tornata a casa.
Seduta, immobile nei pressi della torrente, la notte era calata e la luna illuminava con i suoi raggi pallidi la mia pelle scura che risaltava in quelle vesti bianche, tipiche delle sacerdotesse. I miei occhi fissavano un punto imprecisato, mentre la mia mente cercava di rilassarsi, e far rilassare anche i nervi altrimenti in subbuglio.
Non avevo mai rischiato di perdere il controllo di me stessa come quel giorno, ed era una sensazione strana da provare, e speravo vivamente che quella sarebbe stata l'ultima volta. Non mi piaceva, mi dava l'impressione che da un momento all'altro non riuscissi più a ragionare con lucidità, una cosa che non potevo concepire...e soprattutto non volevo accettare.
Senza rendermene conto, per la prima volta il sonno mi venne a trovare senza preavviso e mi addormentai in quel luogo senza neanche fare la solita ronda del villaggio per controllare se ci fosse o meno qualche creatura indesiderata che si aggirava attorno ad esso.

Il sonno concilia, il sonno dona lucidità alla mente, il sonno può realizzare i tuoi più bei desideri...o i tuoi peggiori incubi.
Non importa chi tu sia, se sei la Guardiana dei sogni, prima o poi anche tu ne avrai, e nessuno veglierà su di te.
Chiudi gli occhi e lasciati cullare dall'oblio, non aspettarti però di risvegliarti nello stesso mondo in cui ti sei addormentata... soprattutto se non hai nulla di umano.


Voci...tante voci che tartassavano la mia mente ancora addormentata. Mi davano fastidio, quasi mi spaccavano la testa in due per quanto fossero acute.
Il mio corpo venne più volte scosso, e solo allora mi resi conto che in realtà la voce era solo una, maschile, ma parlava una lingua che mai avevo sentito prima d'ora, eppure la comprendevo lo stesso...che strano.
Lentamente le palpebre si alzarono lasciando così che i miei occhi potessero osservare la figura controluce che avevo davanti. Non sembrava essere qualcuno del mio villaggio: la carnagione era troppo chiara, e gli occhi assumevano un colore che andava sull'azzurro ghiaccio, i capelli neri erano corti e con un taglio sbarazzino.
Sembrava essere quasi sollevato dal fatto che mi ero finalmente svegliata. Io dal canto mio lo guardavo con diffidenza, non capendo cosa ci facesse un tizio color latte nella foresta della mia tribù.
Mi alzai lentamente dal manto verde notando con enorme sconcerto che intorno a me l'ambienta era completamente cambiato. Gli alberi sembravano essere divenuti più grandi, molto più grandi di quanto ricordassi, e quella che un tempo era stata una piccola sorgente, si era tramutata in un lago dalle acque limpide ove i miei piedi si erano bagnati. Mi ritrassi da tutto ciò spaventata. Insomma, non capitava tutti i giorni di ritrovarsi in un luogo differente da quello che avevi abbandonato nel sonno.
La mia mente iniziò a correre, mentre mi guardavo intorno alla ricerca del percorso che avevo fatto per giungere in quel luogo, lo conoscevo a memoria, e senza curarmi del ragazzo che mi aveva trovato dormiente iniziai a correre verso quello che mi sembrava il percorso giusto.
Persi la cognizione del tempo, e prima che mi rendessi conto che quello in cui mi trovavo non era più lo stesso luogo in cui avevo imparato a muovermi. Mi bloccai boccheggiando, e passandomi le mani fra i capelli mentre sentivo la paura e la disperazione farsi strada dentro di me. Non capivo come potesse essere successa una cosa del genere, insomma, avevo dormito solo una notte! Come poteva essere cambiato tutto in modo così drastico?!
Poggiai contro il tronco di un albero cercando un qualche indizio, un qualcosa che mi facesse capire dove mi trovavo e come poter tornare a casa. La rabbia che avevo provato solo alcune ore prima era sfumata completamente diventando ansia, pura ansia per le persone che, nonostante tutto, amavo. Ma più i miei occhi esploravano la foresta, e meno mi orientavo.
Dei rumori dietro di me attirarono la mia attenzione, mi girai sperando con tutta me stessa che fossero delle persone che conoscessi e invece... era lo stesso uomo che avevo incontrato poco prima. Anche lui come me aveva il fiato corto. Con ogni probabilità aveva corso molto per stare al mio stesso passo.
Mi guardava con sguardo preoccupato, come se non capisse cosa mi stesse passando per la testa.
- Il villaggio...c'era un villaggio da queste parti...con gente come me, era il mio villaggio...tu sai come raggiungerlo?
Il mio tono tradiva una forte urgenza. Dovevo tornare a casa, dovevo proteggere tutti i miei amici, tutte le persone che avevano condiviso parte della mia esistenza.
Non mi rispose, anzi, mi guardava come se stessi farneticando cose senza senso; senza preavviso gli afferrai la maglietta stringendo con forza.
Ripetei la domanda, scandendo per bene ogni parola, ma dal suo sguardo compresi che non aveva la più pallida idea di cosa stessi parlando.
Come diamine poteva non conoscerlo dannazione! Anche se era un piccolo insediamento era impossibile che trovandosi nei paraggi non avesse trovato la più piccola traccia di vita umana...com'era possibile! Lo spintonai tornando a guardarmi intorno come se fossi un'animale feroce e braccato dai cacciatori. Il mio sguardo improvvisamente si perse nel vuoto mentre cercavo con la mente quelle dei miei amici. La espansi all'inverosimile, senza trovarle...anzi, tutto ciò che trovai furono le menti di esseri simili a quello che mi aveva trovato...ma nient'altro...
Come se gli fosse venuta in mente un'idea, l'uomo poggiò la mano sulla mia spalla, quasi a volermi riscuotere dai miei pensieri. Era visibilmente preoccupato, lo si poteva perfettamente leggere in viso. Sospirai, cercando di calmarmi, notando che ero continuamente scossa da dei forti tremiti.
Mi lasciai accompagnare da lui via da quella zona, andando dalla parte opposta rispetto a dove ero stata diretta fino a quel momento. Camminammo forse per una trentina di minuti prima di raggiungere l'accampamento.
Al suo interno vi era molto rumore, molto più di quanto non ve ne fosse nel mio villaggio. Avevano tutti la carnagione chiara, mentre il colore dei loro capelli variava. Io osservavo tutti con interesse e al tempo stesso attenzione, volevo sentirmi sicura in tutto e per tutto in mezzo a tutti quegli sconosciuti. Notai inoltre che non vi erano affatto donne, ma ciò non intaccò minimamente il mio atteggiamento.
Mi fece sedere su un tronco dandomi un po' di latte e un qualcosa di strano, era morbido e bianco, e poteva sgretolarsi in tanti piccoli pezzi. Lo guardai con interesse, notandolo mi spiegò che quella cosa strana loro la chiamavano “pane”. Io, dal canto mio, mi limitai ad annuire facendoli capire che avevo ricevuto il messaggio.
Tutti in quel luogo mi fissavano, quasi fossi diventata una sorta di fenomeno da baraccone. Sospirai, e una volta finito di mangiare lo strano individuo si sedette proprio davanti a me, osservandomi con la stessa attenzione che avevo usato io con gli altri. Si presentò, pronunciando un nome strano, buffo a mio parere. Diceva di chiamarsi Lucas, mai sentito un nome del genere...ma per ricambiare la sua cortesia mi presentai a mia volta. Passarono alcuni imbarazzanti istanti di silenzio, prima che iniziasse a spiegarmi che in quella zona non vi erano più villaggi da almeno un secolo: mi spiegò che erano stati tutti distrutti e che al giorno odierno non ve ne era rimasta traccia.
Alla conclusione di quello che consideravo essere un qualcosa di troppo assurdo per essere vero, rimasi in silenzio, guardandolo come si guardano i pazzi; non potevo e non volevo credere a una storia del genere. Insomma, come avrei potuto dormire per così tanto tempo?! Anche se usavo la magia ero pur sempre un essere umano a quest'ora se non morta, perlomeno avrei dovuto avere un'età decisamente avanzata!
Scossi la testa in segno di diniego, no, non era vero...non lo era assolutamente.
Mi alzai dal mio posto dirigendomi al limitare dell'accampamento, sentendo gli occhi di tutti puntati su di me, tenevo la testa china mentre la mia mente vagava nei pensieri cercando una soluzione, una spiegazione a tutto ciò. Avevo controllato con la mia mente se vi fosse una qualche presenza familiare, ma niente. Tutto inoltre era cambiato, tranne il corso d'acqua ove ero stata ritrovata...era tutto più grande, come se gli alberi fossero cresciuti improvvisamente e vertiginosamente. Poggiai le mani su uno dei numerosi e possenti tronchi, guardandolo con attenzione...non lo avevo mai fatto con delle creature che non fossero umane ma, insomma, anche animali e vegetali avevano il dono di poter vedere cosa gli accadeva intorno...un lungo sospiro, ed infine poggiai anche la fronte sulla superficie ruvida della corteccia.
Sentii gli uomini bianchi apostrofarmi come se fossi una pazza, oppure una di quei selvaggi, nonostante ciò, gli ignorai, per quanto potesse infastidirmi la cosa, e mi concentrai su ciò che avevo in mente di fare.
Fu come se la mia anima entrasse in stretto contatto con tutto quel rigoglioso verde che mi circondava, sentivo la loro vita fluire intorno, attraverso me, e dal fluire vitale, riuscii a percepire anche quello che era la memoria di ogni singolo individuo vivente. Mi concentrai cercando quello che sembrava essere la forma di vita più antica e frugai in quelli che dovevano senza alcun dubbio essere i suoi ricordi. Era strano il modo di vedere le cose di una pianta, e al tempo stesso affascinante; impiegai molto tempo prima di adattarmi al loro stile ma impiegai ancor meno a capire cosa fosse successo durante il mio,a quanto sembrava essere, un sonno esageratamente lungo.
Ciò che vidi sembrava voler confermare le parole di quel certo Lucas...il villaggio non era semplicemente scomparso, era stato completamente distrutto. E ciò era accaduto parecchio tempo dopo che io me ne ero andata.
Dopo la mia scomparsa si era creato un periodo di forte agitazione, nessuno riusciva a trovarmi, eppure ero sempre stata nello stesso posto? Com'era possibile? Anche se avevo dormito, non mi ero mai mossa di lì...
Dopo di me nessuno aveva potuto prendere il mio posto, e il villaggio divenne uguale a tutti gli altri tranne che per la cultura che coltivava ormai da millenni. Tutto ciò che mi tirò su di morale fu il fatto che almeno la mia famiglia e la gente che avevo conosciuto erano morti per cause naturali e non per la battaglia che anni dopo aveva colpito la tribù.
Qualcosa di caldo e umido rigò le mie gote mentre le dita si ferirono nel tentativo di scavare quella dura corteccia.

Il tempo passa per tutti, non aspetta nessuno... passa come e' suo compito fare.
Le ere trascorrono e chi e' destinato alla morte la riceverà nei tempi prestabiliti.
La vita e' un momento fugace che tutti gli esseri viventi devono imparare a godersi, a viverlo appieno, la fine giunge per chiunque per poi lasciare spazio a quella che può essere definita la nuova vita. Un nuovo inizio, un nuovo trascorrere degli anni.
I corpi perdono il loro aspetto, la loro vitalità, e il più delle volte anche le anime, ma quest'ultime sono le uniche che non moriranno mai. Hanno dentro di loro una memoria lunga miliardi di anni. Una memoria che non va mai perduta, ma viene nascosta agli occhi dell'anima stessa.
Com'è complicato tutto ciò!
Ma la creazione, non e' mai così semplice come può apparire.


Imparai che il tempo per me passava fin troppo velocemente, ma al tempo stesso il mio corpo non ne risentiva affatto.
Mi trasferii nell'America del nord, lì venivo vista come se fossi un essere incivile che non ha alcun diritto. Gli lasciai credere quello che volevano, nonostante avessi una persona sempre al mio fianco che voleva a tutti i costi proteggermi e difendermi dalla loro discriminazione, finendo, inevitabilmente, per essere discriminato a sua volta.
M'insegnò molte cose sulla cultura occidentale, compresi inoltre ciò che avevano fatto alle mie terre e a quelle di molte altre popolazioni. Ci consideravano barbari, ma da ciò che appresi, gli unici barbari erano loro. Imparai anche che non era una buona mossa dire che si è maghi o streghe poiche' iniziavano a definirti come creature del demonio e altre scemenze simili.
Anche Lucas la pensava allo stesso modo. Europei dalla mente ristretta...tsk. Non ho mai compreso questo loro modo assolutamente ridicolo di vedere la magia, e non ho mai voluto comprenderlo. La loro cultura conteneva tante di quelle assurdità da farmi spesso porre domande come ad esempio se fosse realmente possibile che esistesse tanta ottusità.
Passai con quel ragazzo il tempo necessario ad imparare, apprendere e anche...ad affezionarmi in modo per me assolutamente innaturale...dovetti trovare una scusa per allontanarmi da lui, per quanto al mio cuore dolesse abbandonarlo. Ma era la cosa migliore da fare, lui sarebbe invecchiato, io no. Io ero un'indigena, lui un rispettabile nobilotto proveniente dalla lontana Inghilterra.
Mi separai da lui, girai per le varie città Americane disgustandomi sempre di più di tutto ciò che ne faceva parte. Certo, conobbi persone degne di rispetto ma, quella fu l'epoca più nera.
Assistetti nell'ombra alla rivoluzione Americana guardando quanto sangue doveva essere sparso per avere un minimo di diritto da quella che un tempo era la loro madre patria. Chi vi rimise realmente furono però gli schiavi.
Rivoluzioni su rivoluzioni, invenzioni su invenzioni, spargimenti di sangue su spargimenti di sangue... Vidi tutto ciò e nei primi tempi rimasi anche sconcertata comprendendo solo in quel momento che fino al mio risveglio ero vissuta in quella che poteva essere considerata una campana di vetro.
Viaggiai molto osservando con gli occhi affascinati di una bambina mondi che non mi sarei mai immaginata che potessero esistere.
Vegliai sui sogni di molte persone, e di altrettante feci perdere il senno non tanto per vendetta, quanto per proteggere me stessa e altre mie conoscenze. Rimasi sempre e comunque nel buio.
Al giorno d'oggi vengo ancora trattata con enorme rispetto, non so cosa sia a dettarlo, so solo che nessuno sembra avere il coraggio di rivolgersi a me con toni sgradevoli; quelle poche persone che lo fanno ricevono semplice indifferenza da parte mia.
Ho avuto molti tipi di lavoro, più volte mi hanno commissionato lavori di spionaggio, e devo dire che non mi son mai dispiaciuti. Il bello e' che mai nessuno sapeva chi fossi realmente, quindi mi capitava più volte di lavorare per le due parti avversarie.
Ora però, sono stanca, ho voglia di tornare alla pace, ho voglia di stare un po' alla luce del sole senza dover nascondere ciò che sono realmente e la St. Douglas mi sembra il posto migliore. Un manicomio che in realtà nasconde creature che non sono umane, un po' come me insomma. Non potevo chiedere di meglio...
 
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